(1)
Luce c’investe da un fremito di foglie
spiove dilaga dorata lungo i tronchi
cola fino alle dita le radici
ogni parola che sogni o dici
(2)
In ogni terso mattino è la mia
preghiera di luce
Si schiudono gli occhi al giorno e luce infinita allaga gli orizzonti
apre l’anima
nelle sue tenere
nervature di foglia
la benedice
la battezza
al solco verde dello stelo
Dalla pianura
in vibrante chiarore
cresce il giorno
Sotto un cielo altissimo – spalancato fino a Dio
come la terra umida che fuma
in pingui zolle
argentate d’alba
la mia silenziosa
preghiera
si leva
(3)
L’aria è tanto secca e chiara
che la luce vi passa in uno schianto
tutte le cose cieche senza occhi, gli esseri
entro il suo arco vivono
il gatto bianconero che arriccia la coda
e s’arrampica sul muro
lo sa nel suo balzo al sole
sicuro
(4)
Gli alberi tutti che guardano il cielo
con le chiome rovesciate all’indietro
volte all’alto
volti sottinsù
i piedi affondati nella terra umida
a bere e bere luce a braccia spalancate
dischiuse mani infinite aeree protese dita
Le robinie leggere e spinose
nel sottobosco
al ciglio della strada
I platani dalla chiara corteccia
e i fianchi
mossi come dal vento
Il grande tiglio scuro
con un solo germoglio
d’un tenerissimo
verde fuori stagione
offerto a quest’abbacinata
primavera di novembre
Somigliano tanto a questi giorni di luce lungo l’alzaia della Martesana i tuoi versi. Luce insolita per un mese che di solito evoca morte e disfacimento. C’è consolazione e speranza nelle tue parole, c’è un amore profondo per il creato, per tutte le cose, con e senza occhi, con e senza voce. Mai senz’anima. Brava come sempre, Crudalinfa!
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