(Immagine: Alessandro Vicario, Interni di Palazzo Tiranni-Castracane, Cagli, n. 5, 2004)
Si consumano si consumano le mie minute mani
nel fare e disfare d’ogni giorno,
nel minuto mai finito lavorare
sgretolare
rotolare,
tanto che persino
quando scrivono versi
sono versi piccoli
minuti
minuetti:
elementari-alimentari
come la cena che preparo io stessa,
ogni sera
Li cucino e li mangio a morsi io stessa,
ogni sera:
altrimenti certo
morirei di fame
E così dei miei versi nessun altro si nutre
o serba memoria
*
Le ho incontrate oggi dentro un libro
e m’hanno seguita,
a schiera,
ovunque camminavo
Anne Sexton, Sylvia Plath
Nadia Campana, Amelia Rosselli, Antonia Pozzi
E poi c’è Marina, la più amata
(per lei tentai d’imparare il russo)
E Saffo forse, la prima fra tutte,
e altre che non dico
Mi sporgo dal bordo ultimo del foglio, là dove
in fila una a una le vedo inabissarsi,
i volti struggenti e luminosi delle foto d’epoca
oscurati
Avverto il loro percorrere, giorno su giorno,
la vertiginosa fessura
fra tutto
e nulla – fra disperazione del silenzio
e corpo a corpo
con la forma
È lì che sempre camminano,
e basta un nulla il nulla
a scivolarvi dentro
Ma io non voglio suicidarmi
Voglio rinascere, mille volte
Ricordo colei che sapeva tutto, la più perfetta, che bypassò
il suicidio con una leggendaria autoclausura in bianche vesti:
Una tragedia compiuta
assicura l’applauso
che una tragedia in atto
troppo di rado dà
Ho apprezzato moltissimo i versi di questo Dittico, così come tutte le tue altre poesie. Proprio perché, come tu dici, la poesia è condivisione e tu generosamente e sapientemente la offri a noi lettori, non devi temere: dei tuoi versi molti si nutrono e serbano memoria.
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Dimenticavo….geniale l’accenno a Emily Dickinson nella parte finale e la citazione dei suoi versi. La chiusa perfetta.
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