(Immagine: Jannis Kounellis, Rosa nera, 1964)
(1)
A Alda Merini
Un’investitura di voce:
a questo da sempre anelo
nella mia umiliata pietrificazione.
Rivestire di colma voce
questa dolente nudità dell’essere,
tacitando l’indicibile terrore
che voce infine trovata
sveli un vacuo guscio e la
condanna senz’appello del nulla.
Ma abbeverarsi alla tua voce, attingere allo scrosciare
delle tue acque
vivifica più d’ogni fiammeggiante luce
(2)
Voler scrivere una poesia
non è certo sufficiente a scrivere una poesia
Avvertire – credere di avvertire –
una pressione, una pulsazione, dall’interno
delle palpebre
dall’esterno dell’aria
dalla trasparenza della pelle
dalla cecità degli occhi rovesciati
affogati in fondo allo stagno come sassi
lasciati ricadere da una mano di bambino
Domandarsi da dove arriva poesia
dove va
dopo averci attraversato
se mai oggi ancora ci attraversa
Aspettarla
dietro la tenda sottile che alita
nella quiete
tra i libri, i dipinti
sulla strada tiepida
con i piedi impolverati
nel pomeriggio grigio bianco celeste appena
(3)
La nostalgia il tormento di questa voce
che non avendo voce mia
chiamo
poesia
e la voglio tersa netta sicura
avendo ancora e sempre
paura
ed essendo io divisa
né mai a me sorrisa
le chiedo d’essere intera lieta una:
di splendermi lei,
luna
(4)
Dopo aver letto Paul Éluard e Yves Bonnefoy
Tutti i poeti del mondo in ogni tempo
ripetono una stessa sola parola,
un’unica verità, l’uguale canto:
Qui, ora, adesso, in questo momento:
la luce
È qui – il presente
È qui, ora, la vita,
la vita che tu vivi
Io sono vivo:
se mi leggi anche tu lo sei
Io buco il buio
La luce attraversa il buio, in questo
presente istante trema
nell’aria, ti tocca, ti investe
nel suo raggio
Il verso è
– ora –
subito poi svanisce
si cancella
sgorga dal silenzio
dal silenzio
viene riassorbito
(5)
Leggendo Dylan Thomas
Primordiale evidenza
del fatto che il poeta
nulla al mondo possiede e il mondo
tutto crea:
Conceive these images in air
che di fronte all’esistenza sta totalmente nudo
ladro sovrano padrone predone:
I have come to catch your voice
ed è musica e suono, null’altro, null’altro attraverso
tutte le foglie gli oceani le celesti sfere i crepuscoli i
corpi con le loro sinuose anime sempre sussurranti
e come stormisce di esse di erre di elle la lingua inglese, quale
shakespeariana musica da sé suscita e
sempre sale, a ricrescere:
Shaken silkily from star-scaled boughs…
Your sweet inducive thighs
And raven hair…
*
A Dylan Thomas come segnalibro
ho messo una grande foglia di magnolia,
spessa e brunita come cuoio vecchio.
L’elegante Einaudi serie bianca
certo ne viene alquanto deformato,
ma dallo spiraglio tra le pagine
a slender wind meglio
oh, molto meglio spira,
e DT se n’è tutto rallegrato