Io con indosso
come te la timidezza
della gente di montagna…
*
Erbe e bisce
Scoprirò il nome
dell’erba che nasce
quando ritorna la biscia.
Corpo nero sulla strada
perde sangue come te.
Quel dolore è il tuo.
È un’erba coi teneri calici
animale nascosto, a cui piace.
Tenacemente si muove
guarisce, ritorna alla pace.
*
Il coniglio
Sotto al portico
per le zampe appeso
ai miei occhi
un coniglio squartavi
dalla pelle.
Le viscere molli
cadevano piano
a terra lucendo.
Ammiravo te
in quel gesto sicuro
dicendolo mio
quel lavoro da grande.
Custode della morte
e anche della vita
mi passavi il segreto
senza esserne
per nulla stupita.
*
Frane
Si spezza l’Appennino
dilapidato
dei suoi boschi.
Profondi tagli
di anno in anno
secondo le piogge
segnano i terreni.
Stanno celati appena
quando ricrescono
cespugli ed erba
e si riassesta il suolo.
Ancora qualche albero
scomposto, dalla forra
squartata protende
l’impoverita chioma.
Il passo si adegua
ai dislivelli del sentiero
dove l’antico e pesto andare
si ricongiunge al nuovo
ancora da segnare.
*
Il torrente
Nei rovi al sole
sale il sentiero.
Quando tace il respiro
e la sete assedia
la sete di quell’acqua
che stenta ad arrivare.
Ancora non si sente
il canto dei suoi molti figli
e la voce delle cascate
che là il dirupo nasconde.
Si effonde l’amaro e verde
umore della quercia
se appena un ramo fende
e si attorciglia.
Le luci dagli alberi
piovono alla strada
ed ecco quella voce:
nel grande varco dell’aria
tra rocce azzurre
rugginose e nere
già scorre l’acqua
che di null’altro
senti nostalgia.
[…]
ma tu non sai trovare
la via piccola
che giungeva i due paesi
dall’una all’altra parte
e dove alla fine rideva
unica e sola
la prima casa bianca.
*
Vecchie case
Ogni sasso porta
i segni delle mani
che lo hanno lavorato.
Ogni sguardo stringe
alla memoria del passato.
*
Madia aperta
La grande stanza la sentivi da fessure
ancora prima di aprire il catenaccio.
Accorreva in volo cipria profumata
ai vetri saliti un piccolo gradino.
Vedevi il monte con ogni tempo
la fontana e l’orto sulla strada.
Sull’asse pulita a lei dalle dita
spuntavano bianchi piccoli fiori.
*
Notte d’Inverno
La neve scintillante di luna
contende ai tetti il limite del buio.
Le case dai sassi grevi
con bocche chiuse
e gli occhi addormentati
invano aspettano
il giorno che le desti.
*
Approdo
Mi piacciono le case
con l’approdo sul monte.
Profumano di pietra corrosa
e l’ortica sugli scalini
tiene i villeggianti un po’ a bada.
Le piane spioventi sul tetto
in bilico non cadono mai.
Le porte consunte di antichi colori
si lasciano staccare schegge sbiadite.
L’occhio alla serratura respira
di fresca aria notturna di ragnatela.
Nella luce del mattino vaga il polline
di fiori gialli quasi invisibili.
Sullo stelo è rimasto poco colore
solo strette foglie accarezzate dal sole.
*
Divagazione
Un giorno
potrò viaggiare
con pochi soldi
e senza meta.
Dormire dove capita
e ridendo
annusare quell’odore
nuovo di città.
*
Figli di operai
Eravamo figli di operai
con la barba e i capelli lunghi
la camicia a quadri
e i libri sottobraccio.
Parlavamo una lingua
che i nostri a tavola
non capivano più.
Abbiamo studiato
rubando pezzi di tempo
e la testa ci pullula ancora
di sogni da realizzare.
*
Paola RENZETTI, Verrà la notte
“La carrucola del pozzo”, 96 rue de-La-Fontaine Edizioni, 2018
226 pp., 13 euro
Paola Renzetti (1955) ha trascorso la prima infanzia a Graiana di Corniglio, sull’Appennino parmense. È stata impiegata alla Fiat e insegnante alle scuole elementari. Vive in provincia di Milano, oltre che in poesia si esprime attraverso la pittura.
*
Pubblicato in La poesia e lo spirito
Grazie Giovanna, per aver dato respiro e spazio ai sogni…
"Mi piace""Mi piace"
Sogni? Io preferisco chiamarla poesia…!
"Mi piace"Piace a 1 persona