Il morto che bussa ai vetri
della finestra ha preso piume
e ali d’uccello
perché gli si addica ovunque il vuoto.
*
La morta
con il canarino sulla spalla
dice che come l’uccello
dalla gabbia
lei dal corpo
è sfuggita.
*
A Marina, Osip, Sergej, Aleksandr, Vladimir
Non esotici uccelli
ma abituali abitanti del volo
non solo fucilati
ma con metodica semplicità
assediati
dal pettegolezzo del Bene Comune.
Come risolvere l’enigma
della presenza della poesia
quando perfino il fruscio
dell’erba è delatore?
I morti seminano canti
che sbocciano in uccelli
che seminano canti.
*
Io morta
danzo sulla tua fronte
come le dita della colomba
in equilibrio sul bordo
della fontana non cado
no non cado dentro il tuo pensiero.
*
Nelle parole degli uccelli
riposano i morti
con i becchi
coniugando il silenzio.
*
Non più protetti
non più spinti all’aperto
dalla parola, volatile
dalle ali spalancate,
i morti
salgono la china del silenzio
e a braccia spiegate
si gettano nella dimenticanza.
*
Mia madre è un passero cattivo
urla prima di mangiare
urla prima di dormire
nel cuore della notte
urla,
ma il suo corpo
sta nel palmo di una mano
e se si affaccia al davanzale
le lanciano molliche di pane.
*
Chandra Livia CANDIANI, Bevendo il tè con i morti (2007)
con una nota di Vivian Lamarque
“Lyra”, Interlinea, Novara, 2015
L’ultimo testo, intitolato In forma di prefazione, introduce la sezione Madre eretica, terza e conclusiva di Bevendo il tè con i morti. Le poesie precedenti fanno parte della prima sezione, eponima della raccolta.
Pubblicato in La poesia e lo spirito