
Dal nuovo libro di poesia di Annamaria Ferramosca, uscito il primo marzo con Ladolfi Editore, propongo tre assaggi. Un frammento da tableau mourant 2 che lascia avvertire tutta la crisi epocale, ecologica e pandemica, e l’angoscioso smarrimento («l’assenza di ogni valico per l’arca») che stiamo vivendo. Una poesia d’amore (perché di poesie d’amore c’è sempre bisogno). E infine il penultimo testo del volume, che trovo particolarmente felice e suggestivo: si tratta di un’ariosa, luminosa preparazione alla morte («il mio allenarmi per il grande volo»), dove con tono sommesso e colloquiale l’ultimo, sollecito pensiero va ai propri «libri ordinati negli scaffali / fieri ben stretti», che, «ricordate vorrebbero di tanto in tanto respirare / esigono come tutti / di avere incontri essere aperti / (non solo spolverati)». Perché, a differenza di quanto il frammento da me un po’ arbitrariamente estrapolato come incipit potrebbe forse far pensare
, il tono dei versi e l’approccio dell’autrice – nota ai lettori di LPELS, e a chi segue la poesia – non sono apocalittici, né disperati: «la scrittura», annota lei stessa in apertura, si propone qui di dire «di un nostro cerchio larghissimo e amorevole, forse utopico, forse non del tutto perduto». Ampiezza di respiro, disposizione a quanto è chiaro e gioioso, vitale, leggibilità comunicativa e inquieta “sensibilità” in senso lato femminili in sintonia ad esempio con Maria Grazia Calandrone (Giardino della gioia, La vita chiara, Splendi come vita), che di Per segni accesi firma la prefazione, dopo averne accompagnato la stesura. Nello stesso segno l’immagine di copertina, opera della computer artist Cristina Bove, il cui lavoro ha già intersecato la poesia di Annamaria Ferramosca nel poemetto Trittici, pubblicato nel 2016. (Giovanna Menegùs)
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chissà se anche gli animali avvertono
questo scompiglio entropico del mondo
lo spazio esatto delle cose
divenuto caos
l’assenza di ogni valico per l’arca
[…]
*
è il tuo passo che inseguo
fino a morirne
piano pianissimo mentre m’infuria
il mondo sulla nuca
così curo un pianto millenario
voglio
questa lenta morte a ritroso questa
risorgenza
chiedo al mio dio dell’eros
che mai si fermi
questo riprogrammarmi ripetuto
chiedo che non mi rubi
il delirio del digiuno
il pallore del tuo viso nel preludio
e tutta questa febbre che muove
il gioco l’abuso l’abisso
chiedo al mio dio che ripido
atterra sui fuochi
che non mi rubi
il ritorno ancora e ancora
al punto di partenza
il mai sazio sapore della fine
quando ci ritroviamo naufraghi
sulla feritaluce dell’origine
e onde pulsano
di un mare sconosciuto
*
un marzo silenzioso con
lance spuntate
non fa più la guardia alla mia veglia
sul balcone la tortora nel nido
insieme a me attende il buio forse
anche lei inseguendo un ricordo
che si fa segno quando
cicale neonate spuntavano pallide da terra
veloci abbrunavano alla luce
e già con furia frinivano sapendo
la brevità del canto
il mio allenarmi per il grande volo
è sostare su vecchie foto in bianconero
rivedermi in un semisorriso
tra tutti quei cari scomparsi
che mi tendono le braccia m’invitano
salgo mi metto comoda sui cirri
sotto il capo un cuscino
di foglie di limone all’uso greco
il volo è leggero silenzioso
senza vuoti d’aria senza direzione
l’orizzonte ha cancelli ossidati cigolano
per poesie rugginose ancora da rivedere
password dimenticate
ho lasciato
tutte le chiavi appese dove sapete
i libri ordinati negli scaffali
fieri ben stretti
ricordate vorrebbero di tanto in tanto respirare
esigono come tutti
di avere incontri essere aperti
(non solo spolverati)
*
Annamaria Ferramosca, Per segni accesi
Giuliano Ladolfi Editore, 2021
Collana Zaffiro Poesia n. 56, Prefazione di Maria Grazia Calandrone
92 pp., 12 euro
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Pubblicato in La poesia e lo spirito